Nuove soglie per il contrabbando

A distanza di sei mesi dall’entrata in vigore della riforma, sono in arrivo alcuni importanti correttivi sulla soglia di rilevanza penale delle violazioni doganali. Il tetto passa ora a 100.000 euro per l’Iva all’importazione, mentre resta fermo a 10.000 euro per i dazi contestati. Tra gli attesi correttivi alla riforma, entrata in vigore lo scorso 4 ottobre, vi sono anche l’ampliamento delle cause di non punibilità che consentono di evitare la sanzione penale e la rideterminazione delle circostanze aggravanti del contrabbando.
La riforma approvata con il d.lgs. 141/2024 ha riscritto completamente le sanzioni doganali, introducendo una netta demarcazione tra violazioni penali e amministrative. Una distinzione che non è più lasciata alla discrezionalità del funzionario dell’Agenzia delle dogane, ma dipende ora da un fattore puramente oggettivo, rappresentato dal superamento di una “soglia” di rilevanza penale. Non è più quindi la compliance dell’azienda o la valutazione operata al momento dei controlli che incide sulla trasmissione della notizia di reato. Le Disposizioni nazionali complementari al Codice doganale dell’Unione (Dnc, all. 1 al d.lgs. 141/2024) prevedono, infatti, che l’Agenzia delle dogane invii il fascicolo alla Procura europea (EPPO) in tutti i casi in cui l’ammontare dei diritti di confine contestati, distintamente considerati (dazi o Iva), superi i 10.000 euro o, in caso di contrabbando aggravato, anche per contestazioni di valore inferiore. Di conseguenza, ogni volta in cui la Dogana accerti il mancato pagamento dei dazi o dell’Iva all’importazione, per un importo superiore a 10 mila euro, scatta automaticamente la segnalazione alle autorità penali.
Per i dazi, la soglia dei 10.000 euro è imposta da una direttiva dell’Unione europea (c.d. direttiva PIF, n. 2017/1371), che ritiene penalmente rilevanti tutte le violazioni che comportano un’evasione delle risorse proprie dell’Unione europea superiore a tale importo.
L’applicazione della soglia di 10.000 euro per ogni tributo costituente diritto di confine è stata sin da subito oggetto di ampio dibattito, poiché non prevede una diversificazione in considerazione della diversa onerosità che possono assumere.
In particolare, operatori e spedizionieri doganali hanno sollevato grandi preoccupazioni in relazione all’Iva all’importazione: quest’ultima, in ragione dell’aliquota ordinaria del 22%, infatti, supera agevolmente la soglia dei 10.000 euro. Di conseguenza, con una soglia generalizzata sia per i dazi che per l’Iva, la maggior parte delle irregolarità rischierebbe di tradursi in una contestazione penale.
In risposta alle criticità sollevate dalle imprese che operano nel settore del commercio internazionale e dalle associazioni di categoria, l’articolo 12 del decreto correttivo, approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri e che è stato trasmesso alle Camere per i necessari pareri, introduce importanti novità. Prima tra tutte, prevede l’innalzamento della soglia di rilevanza penale delle violazioni doganali a 100.000 euro per l’Iva all’importazione. Una soluzione coerente anche con l’art. 4 D.Lgs. n. 74/2000, che in tema di Iva fissa il discrimine, a cui collegare il disvalore penale, nel maggior valore di 100.000 euro. Rimangono ancorate, invece, al limite dei 10.000 euro, le contestazioni relative ai dazi, come previsto dalla direttiva PIF, in quanto risorse proprie dell’Unione europea.
Insieme al nuovo limite del contrabbando, cambiano anche le circostanze aggravanti, che sono ora riparametrate tenendo conto delle nuove soglie. In caso di contrabbando aggravato, l’operatore rischia la reclusione da tre a cinque anni se l’ammontare dei diritti dovuti supera i 100 mila euro per i dazi o i 500 mila euro per l’Iva. Nel testo della riforma, invece, anche per l’Iva era sufficiente il limite di 100 mila euro per integrare l’aggravante. Prevista, inoltre, la reclusione fino a tre anni se i dazi contestati sono compresi tra 50 e 100 mila euro o se l’Iva all’importazione pretesa è compresa tra 200 e 500 mila euro. Anche in questo caso, i correttivi operano una distinzione tra dazi e Iva, superando la precedente formulazione dell’aggravante che trovava applicazione ogni volta in cui i dazi o l’Iva contestati fossero compresi tra i 50 e i 100 mila euro.
Se si verificano circostanze aggravanti, il reato può essere contestato anche sotto i 10.000 e dei 100.000 euro, come nel caso di operazioni svolte con modalità criminose o in altre situazioni particolarmente gravi.
Va tuttavia ricordato che il superamento della soglia di punibilità o la presenza di circostanze aggravanti non sono da soli sufficienti: per giungere all’applicazione di una sanzione penale occorre anche la presenza del dolo, ossia della volontà (intesa come intenzionalità) di evadere i diritti doganali. Si tratta di un aspetto cruciale, perché in assenza di dolo, l’operatore non può essere responsabile del reato di contrabbando.
Se l’Autorità giudiziaria rileva elementi di dolo, avvia un procedimento per contrabbando. Al contrario, se la violazione è dovuta a colpa, come disattenzione, scarso aggiornamento o leggerezza, l’EPPO restituisce gli atti alle Dogane, che applicheranno una sanzione ridotta, variabile tra l’80% e il 150% dell’impatto.
Altro importante correttivo previsto dal legislatore è il potenziamento delle cause di non punibilità, che consentono di escludere la sanzione penale del contrabbando. Gli operatori che si trovano di fronte a una possibile contestazione possono evitare di incorrere in un procedimento penale attraverso il pagamento dei tributi e delle sanzioni, comprese tra il 100 e il 200% degli importi contestati. Versando i diritti pretesi dall’Agenzia delle dogane, oltre alle sanzioni, il reato si estingue e si evita la sanzione penale.
Si tratta di una vera e propria causa di non punibilità, che trova applicazione per tutte le ipotesi di contrabbando semplice, punibili con la sola multa, ma che viene ora accettata anche in presenza di alcune aggravanti. Il correttivo prevede, infatti, la possibilità di estinguere il reato se l’operatore ha commesso il fatto in connessione con un delitto contro la fede pubblica, o quando i diritti contestati superino i 100 mila euro per i dazi e i 500 mila euro per l’Iva.
Il correttivo potenzia anche l’utilizzo del ravvedimento operoso, che consente di pagare una sanzione in misura ridotta per regolarizzare la propria posizione. Presupposto indispensabile è che il pagamento avvenga prima che l’autore della violazione abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di un procedimento penale.
Con la circolare 10/12/2024, 25/D, l’Agenzia delle dogane aveva dichiarato che con il pagamento dei tributi e delle sanzioni era possibile ottenere estinguere il reato, ma ciò non escludeva l’applicazione della confisca. Il legislatore, invece, chiarisce ora che, in caso di estinzione del reato, non si procede alla confisca.
Confisca che non si applica neppure nel caso in cui l’impresa decida di rimediare a un errore commesso nella dichiarazione doganale, presentando un’istanza di revisione di parte. Unica condizione necessaria è che l’istanza sia presentata prima dell’avvio di un accertamento o di un procedimento penale.
Nonostante i correttivi proposti dal legislatore, la riscrittura del sistema sanzionatorio doganale rappresenta un cambio radicale, che impone alle aziende e agli intermediari di adeguare le proprie strategie di business e di adottare soluzioni volte a mitigare i rischi di incorrere in una contestazione doganale. L’avvio di un procedimento penale, indipendentemente dal suo esito, può avere conseguenze reputazionali gravi e influire negativamente sul sistema creditizio, oltre a mettere a rischio le autorizzazioni doganali già ottenute. La riforma comporta quindi un impatto significativo, che impone alle aziende una maggiore attenzione alla compliance e alla prevenzione delle violazioni doganali.
È indispensabile, pertanto, l’introduzione o l’aggiornamento di modelli organizzativi, ai sensi del d.lgs. 231/2001, oltre a un’attenta due diligence. L’adozione di strumenti di prevenzione e mitigazione dei rischi è fondamentale anche per dimostrare l’assenza di dolo e derubricare la contestazione penale a illecito amministrativo.

Sara Armella
Massimo Monosi