Vino dealcolato: le nuove regole

Non solo distillerie: dal 1° gennaio 2026 anche cantine e produttori di alcolici interessati potranno ottenere alcole etilico mediante la dealcolazione del vino. L’articolo 33-ter del d.lgs. 43/2025 apre interessanti prospettive per il settore vitivinicolo, semplificando gli adempimenti e favorendo la diversificazione dell’offerta.

La norma richiama espressamente l’art. 28, lett. b) e d), del TUA, riferendosi dunque agli stabilimenti di produzione e, per il settore del vino, alle cantine. Una svolta che darà tempo alle aziende di adeguarsi alle nuove opportunità. Approvato lo scorso 13 marzo dal Consiglio dei Ministri, il nuovo d.lgs. – recependo l’osservazione della Commissione finanze della Camera – estende la possibilità di produrre vino dealcolato anche ai titolari di depositi fiscali autorizzati alla produzione di vino o di prodotti alcolici intermedi.
La nuova disciplina delineata dall’art. 33-ter semplifica e armonizza le procedure, consentendo anche ai suddetti impianti – entro un limite annuo di 1.000 hl di vino dealcolato – di ottenere alcol etilico direttamente dal processo di dealcolazione. Il nuovo testo prevede che l’alcol ottenuto dal processo di dealcolazione confluisca in un recipiente sigillato dal personale finanziario, e che l’azienda installi le attrezzature per verifiche dirette. Un successivo decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dell’Agricoltura, definirà sia le condizioni di autorizzazione alla produzione sia le procedure semplificate per l’accertamento e la contabilizzazione dell’alcol etilico così prodotto.
Sul fronte operativo, il Ministero dell’Agricoltura ha chiarito che la produzione di vino dealcolato deve avvenire in stabilimenti muniti di licenza di deposito fiscale, non comunicanti con impianti dove si effettuano altre attività. Prima di ogni lavorazione occorre trasmettere una PEC alla sede ICQRF competente, indicando la categoria e la quantità di vino da sottoporre a dealcolazione.

La dealcolazione genera prodotti con un basso titolo alcolometrico, distinti sia dal vino tradizionale (NC 2204) sia dagli alcolici. Se il grado alcolico è inferiore allo 0,5%, il vino sarà etichettato come “dealcolato” e classificato sotto NC 22029919 o NC 200961, a seconda della tipologia. Se supera lo 0,5%, sarà definito “parzialmente dealcolato”, mantenendo le stesse voci doganali di riferimento.
In questo scenario, la dealcolazione del vino apre nuove strade per i produttori, trasformando una sfida in opportunità. In un mercato segnato da tensioni sui dazi, la diversa classificazione doganale potrebbe diventare un’arma vincente, permettendo di bypassare le future restrizioni.
Grande preoccupazione destano, infatti, le recenti dichiarazioni del Presidente Trump, che ha minacciato di imporre tariffe fino al 200% sui vini e champagne di origine UE, qualora non venga ritirato il nuovo dazio del 50% sul bourbon whisky americano.
Se verranno confermati i nuovi dazi USA, il vino dealcolato potrebbe rappresentare un’alternativa interessante per penetrare il mercato a stelle e strisce, in quanto prodotto distinto e potenzialmente escluso dalle nuove tariffe. In prospettiva, la possibilità di produrre e commercializzare vino dealcolato, abbinata all’esonero cauzionale (che confluirà gradualmente nel regime dei SOAC, ossia “soggetti obbligati accreditati”), potrà rafforzare la competitività delle cantine italiane, incentivando sia la diversificazione dell’offerta sia una maggiore reattività alle sfide dei mercati internazionali.

Sara Armella
Osvaldo Trucco