Riforma doganale e necessità di aggiornamento dei modelli 231
Il 4 ottobre 2024 è entrata in vigore la riforma della normativa doganale italiana, per effetto del decreto legislativo 26 settembre 2024, n. 141. Una riforma che si colloca all’interno della più ampia revisione del sistema fiscale, prevista dalla legge delega 9 agosto 2023, n. 111 e il cui obiettivo è di aggiornare e razionalizzare il sistema tributario nel suo complesso, attraverso l’adozione di una serie di Testi unici.
Il nuovo decreto – contenente le Disposizioni nazionali complementari al Codice doganale dell’Unione – abroga e sostituisce il Testo unico della legge doganale (d.p.r. 43/1973), il decreto legislativo 374/1990 e numerose altre leggi speciali, tra cui il regio decreto n. 65/1896: sono abrogati oltre 400 articoli di legge e sostituiti ora con i 122 articoli del nuovo testo.
Tra le principali novità vi è l’adeguamento della normativa nazionale alla prevalente disciplina europea: l’ambito di intervento del legislatore nazionale è delimitato dai vincoli internazionali ed europei, ma spazia dall’organizzazione dei servizi e dei controlli, ai rapporti tra operatori e autorità doganali, alle funzioni di controllo e di accertamento, alle sanzioni penali e amministrative, in caso di violazioni degli obblighi doganali.
La riforma ha un grande impatto per le imprese che operano nel commercio internazionale, introducendo molti elementi di novità: abrogazione della controversia doganale, estensione del contraddittorio endoprocedimentale, rafforzamento del coordinamento tra Agenzia delle dogane e dei monopoli e Guardia di finanza. Importanti modifiche anche per la rappresentanza doganale, con l’inserimento dell’Iva all’importazione tra i diritti di confine e conseguente ampliamento della responsabilità, economica e giuridica, per il rappresentante indiretto in dogana.
Per effettuare un’operazione di import-export, attualmente gli operatori devono presentare fino a 68 istanze presso 18 amministrazioni diverse, trasmettendo informazioni, spesso identiche e ripetitive, per ottenere autorizzazioni, licenze e nulla osta. Questa frammentazione comporta, per le imprese, interlocuzioni con amministrazioni differenti e la reiterazione di adempimenti amministrativi e documentali.
La riforma prevede l’estensione del modello dello Sportello unico, attualmente presente in via sperimentale soltanto a La Spezia e Livorno, il quale prevede la gestione di tutti i dati e di tutti i controlli tramite un’unica interfaccia pubblica (single window), riducendo sensibilmente gli adempimenti delle imprese, le tempistiche di sdoganamento e i costi.
Anche la revisione del sistema sanzionatorio introduce molte significative novità: nuove definizioni del contrabbando e delle violazioni amministrative e riduzione della misura delle sanzioni sia amministrative che penali, più allineate al principio di proporzionalità.
Tuttavia, la novità più rilevante è rappresentata dall’introduzione di un vaglio preventivo obbligatorio da parte dell’autorità giudiziaria, rappresentata dall’European Public Prosecutor’s Office (EPPO). Le Dogane devono trasmettere la notizia di reato all’autorità giudiziaria nei casi in cui l’ammontare dei diritti di confine accertati, distintamente considerati, superi i 10 mila euro o in presenza di una delle circostanze aggravanti del contrabbando. La valutazione circa la presenza del reato è rimessa a EPPO.
La limitata entità della soglia penale, unita all’obbligo generalizzato di trasmissione delle notizie di reato destano molta preoccupazione presso imprese e intermediari, per i riflessi che l’apertura di un procedimento penale può determinare in termini di mantenimento delle autorizzazioni, responsabilità previste in materia di 231/2001 e riflessi reputazionali.
La complessa riforma rende necessaria un’attenta due diligence, da parte delle imprese, circa l’impatto sulle procedure aziendali e richiede un aggiornamento dei modelli 231/2001.
Per le aziende è indispensabile adottare uno scudo contro le eventuali responsabilità penali: un’attenta due diligence, un cambio nelle strategie di business, oltre all’adozione di un modello 231 dedicato ai reati doganali. Soltanto attraverso l’adozione di strumenti di prevenzione e mitigazione dei rischi è possibile dimostrare l’assenza di dolo e derubricare la contestazione penale a illecito amministrativo.
Altra novità della riforma è l’estensione delle sanzioni interdittive applicabili all’ente, in caso di contrabbando con omesso versamento di imposte o diritti di confine per importi superiori a centomila euro: oltre alle sanzioni interdittive già previste (divieto di pubblicizzare beni o servizi, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi) le aziende rischiano ora anche l’interdizione dall’esercizio dell’attività e la sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito.
Diverse sono le richieste di intervento correttivo al d. lgs. 141/2004 da parte delle associazioni di categoria, come peraltro prevede in generale la legge delega, al fine di correggere gli effetti della messa a terra dei provvedimenti di riforma.
Sara Armella